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Tutta la notte sentii gli applausi dall' Odeons Platz*

si elargivano pane e circo agli entusiasti della buonafede.

Poi cominciò la festa nei santuari del 3 x 2

fu inaugurato un reparto bicchieri con uno slogan niente male:

‘La grande Notte dei cristalli’.

  

E vennero i generali, mascelle d'ombra

a sorseggiare il tè del dittatore dilettante.

E Berlino 'La Rossa',*distesa sulla porta

come una femmina distratta spalancava le gambe

in attesa della pioggia.

 

"Sugnu la Morte scanuscente, ca nun canusci ne' amici e ne' parenti"

 

Gradite zucchero o miele? ruffiane di partito

piccole labbra aggrappate a porcellane di Dresda.

Il grugnito dei banchieri e degli industriali

“Dio concedi ancora un po' di quiete 

benedici i nostri affari prima della tempesta”.

 

E il guardiano di polli, alla bocca della fornace

sciolse di fretta gli ultimi sorrisi d'oro

che già si alzava il vento.

D'un tratto il sole precipitò sulla città

e anche stanotte ho sentito la voce che mi sussurra all'orecchio:

“Selvaggina e cacciatore nel mortaio del tempo”.

 

"Sugnu la Morte scanuscente, ca nun canusci ne' amici e ne' parenti"

 

 

*OdeonsPlatz: Piazza di Monaco di Baviera dove il 1° Agosto 1914, una folla entusiasta, tra cui Hitler, ascoltava l’ordine di mobilitazione generale e la dichiarazione di guerra alla Russia.

 

* Notte dei cristalli: La notte del 9 Novembre 1938, in cui i tedeschi distrussero centinaia di sinagoghe e vetrine di negozi gestiti da ebrei.

 

*La Rossa: Così era soprannominata Berlino a causa di sacche di resistenza comunista.

 

 

Guido Genovesi: chitarra classica, chitarra acustica

Johannes Bickler: batteria

Camillo Bellinato: basso elettrico

Alberto Crugnola: ghironda

Fabio Ilacqua: melodica, shaker

    Chiave o zitarro per scoprire

    se il mio destino é migno* o malandrino

    così nelle mie mani ci trovai il coltello

    che il padre mio doveva scegliermi il destino.

    E sotto l'ala grande di Santa Violenta*

    imparerai a distinguere l'uomo d'onore

    dal Pancia di canigghia all'infame spogliato

    Tamburo,Grande bocca o Gallo cantatore*.

 

    Megghiu scrusciu di catini ca sonu di campani.

 

    Lontano è il tempo in cui tre uomini d'onore

    Osso,Mastrosso e Carcagnosso* uniti in credo

    piantarono a sei mani il seme sempre verde

    di Società della Garduna di Toledo*

    "Da grande ammazzerai chi già ammazzò tuo padre"

    mi dissero,io misi le dita a pistola

    fu un uomo di rispetto od una donna scura

    che gli altri dicono Sorella d'omertà*.

 

    Megghiu scrusciu di catini ca sonu di campani.    

 

    Così che naufragai tra le patrie galere

    fra i bestemmianti reduci di Montelepre*

    Che il loro re spolpò le ventiquattro ossa

    sotto lo sguardo dei gendarmi lacché del potere.

    E guardi le sue mani signor presidente

    le guardi bene e poi si chieda s'é innocente.

    Io a notte mi ripeto non sarei così

    se fossi nato in altro posto lontano da qui. 

 

 

    * Meglio il suono delle catene ai polsi che quello delle campane a               morto

    * Migno: così nel gergo della ‘Ndrangheta calabrese, si definiscono             genericamente le forze dell’ordine.     

    * La Santa violenta: Titolo di un libro di Pantaleone Sergi, Ed. Periferia

    * Pancia di canigghia, [...], Gallo cantatore: termini con cui vengono             definiti gli infami.

    * Osso, Mastrosso e Carcagnosso: leggendari fondatori della                       ‘Ndrangheta.

    * Società della Garduna di Toledo: società presumibilmente fondata in         Spagna nel 1420, da cui si ritiene possa

      avere avuto origine la Mafia.

    * Montelepre: piccolo comune in provincia di Palermo, che diede i               natali al bandito Salvatore Giuliano. 

 

     Il testo è liberamente tratto da: ammazzare stanca di Antonio Zagari

     Ed. Periferia, cosenza

 

 

     Guido Genovesi: chitarra acustica, chitarra classica

      Johannes Bickler: batteria, percussioni

      Camillo Bellinato: basso fretless

 

       

 

...e dimenticato che fu il transumare

e la decifrazione del vento

assuefatti a ridere a forza per fuggire la morte

il passare del tempo.

Ecco le patetiche umane consolazioni

poche bestemmie da gridare.

Ecco l'ultimo fiato esalato dai morti del mondo:

la nostra aria da respirare.

La compagnia degli acrobati qui

ha solo passi di cadenza su bordone.

Lungo l'applauso adulante incessante

dell'iridescente guardiano di televisione.

Golfi di dormiveglia, di notti deluse

in cui si é fermi ad aspettare

come l'ultimo treno che rauco si perde nel buio

e nessun posto dove andare.

 

A chi é marinaio di mare, di cielo, di terra

dove a notte tace un silenzio di pace e di guerra

naufragato al largo di Capo di Malasperanza.

 

E la folla assopita, abortita la dignità

ascoltava il grande saggio sotto nubi di brace

gesticolare sudato parabole di libertà

dispensando promesse d'ulcere di pace.

A notte venimmo a contrabbandare la terra

per strade di vento e distanza

chè mai diversità fu così spaventosa e profonda

che in quest'aureo secolo di tolleranza.

 

A chi é marinaio di mare, di cielo, di terra

dove a notte tace un silenzio di pace e di guerra

naufragato al largo di Capo di Malasperanza.

A chi é marinaio di mare, di cielo, di terra

dove a notte tace un silenzio di pace e di guerra

naufragato al largo di Capo di Malasperanza

a cercare Capo di Buonafortuna.

 

 

Guido Genovesi: chitarra classica, mandolino

Johannes Bickler: batteria, tamburello

Camillo Bellinato: basso elettrico

Alberto Crugnola: ghironda, tasti ghironda

Fabio Ilacqua: flauti, bicchiere, shacker, darbuka, pianoforte, melodica, basso digitale

 

Sur mol duvet assis,ung gras chanoine,

Lez ung brasier,en chmbre bien natee,

a son costé gisant dame Sidoine,

Blanche,tendre,polie et attintee,

Boire ypocras,a jour et a nuytee,

Rire,jouer,mignonner et baisier

Et nu a nu pour mieulx des corps s'aisier,

Les vy toud deux par ung trou de mortaise:

Lors je congneus que,pour dueil appaisier,

Il n'est tresor que de vivre a son aise.

[...]

 

 

 

da "Le confutazioni di Franc Gontier"

 

 

Su molli piume assiso un grasso prete,

presso a un braciere,in stanza tappezzata,

dama Sidonia al suo fiamco distesa,

bianca,tenera,splendida,agghindata,

di giorno e notte ber vino ippocratico,

rider,giocar,ruzzolar,chiavare,

nudi per meglio i corpi lor saziare,

li vidi tutt'e due per un pertugio;

compresi allor che per dolor placare

tesor non v'é che il viver a proprio agio.

[...]

 

 

*Testo tratto da una poesia di François Villon

 

 

Biagio Sturiale: chitarra acustica

Luca Chiaravalli: pianoforte, archi digitali, programmazioni

 

Qualcuno alla città giardino mi vedrebbe bene appeso ad un lampione

si sa, la gente onesta non sopporta il cane che non vuol padrone

ma non si offenda se frequento i vicoli dove l'amore si mescola al vino

o la cantina in cui i beoni imprecano su chi tracciò il loro destino.

La cameriera slava ha una mosca sul viso e cent'anni almeno

odora d'aglio e detersivo e culla un crocefisso nel solco del seno

la notte vende i fianchi al prete, la lingua agli uomini della questura

per loro trattamento lusso, sconto comitiva e regolar fattura.

E Antonio versa un vino miserabile e non potrebbe bere

in bocca ha il gusto di chi vive di ricordi e di agonie leggere

le casalinghe del quartiere di San Fermo* alzano gonne sulla sua amarezza

Lui dice: 

“E’ il diavolo che vuole l'anima quando ti siede accanto e ti accarezza!”.

Quand’ecco la sua gamba finta dice: 

“Dai raccontami del tuo passato, di quando avevi la tua gamba vera e poi di come invece ti ha lasciato.

Raccontami cosa significa fallire  ed essere piantati in asso, 

così ch’io possa sostituire quella ch’era la cadenza del tuo passo”.

La la la la... 

Al banco c'è il becchino del rione e guarda tutti col sorriso scaltro

per lui l'attesa della Grande Mietitrice è un mestiere come un altro.

Il donatore d'organi ha messo in palio il cuore per chi gli ritrova

il suo cervello usato che ha scambiato con una Mercedes nuova.

E al tavolo degli scrittori si discute ad alta voce di poesia, si grida: 

“Il popolo è ignorante e grezzo, all'oro preferisce la bigiotteria!” 

E Buk* risponde: 

“La vostra poesia è sterile artificio ed elucubrazioni, così se non arriva fra la gente è perché non possiede ritmo ne' coglioni!”

Il rivoluzionario rosso ha aperto una boutique nel centro di Varese

le dita grasse nel cassetto, conta i soldi e sogna la crociera a fine mese.

A chi gli chiede: 

“Ma che fine ha fatto l'ideale, il grande cambiamento?” 

Risponde intellettuale: 

“I soldi servono per finanziare un altro movimento”.

E Baldovino detto ' Il Conte' indossa il suo completo color disincanto

ripete quanto odia le donne per celare la paura che ha di averle accanto.

Il bell' indiano con le rose gialle ora ha imparato a ridere a comando

e dal semaforo saluta la sua giovinezza che se ne sta andando.

Notte bella, senza tristezza

meglio la gioventù che la ricchezza.*

 

 

Dedicato all'amico Roberto Zanini: magnifico fiore randagio

 

 

*  San Fermo: Quartiere popolare alla periferia di Varese

* Buk: Henry Charles Bukowshi, scrittore americano

* Meglio la gioventù che la ricchezza: Detto popolare

 

 

 

Roberto Zanini: voce recitante

Guido Genovesi: chitarra classica

Johannes Bickler: timpano, piatti

Camillo Bellinato: basso acustico

Fabio Ilacqua: pianoforte, melodica, spaghetti, cahon

E adesso che irreale siedi

che l'autunno ha baciato i tuoi piedi

Genova questa sera vento fa

voci di portico sul finire del giorno.

L'ombra lunga che scorta il tuo passare

lungo i moli e tra vicoli di cielo

é un riflesso di stanza in uno specchio

come il porto dopo un temporale.

Ed il cuoco ha occhi da pirata

spade d'osso e d'astici corazze

l'ho sorpreso guardare verso il mare

occhi di porto nell'agonia della sera.

E oltre i vetri i sordomuti passanti

macchiare strade stanche in lenta processione

io dentro il vino annegar come un insetto

nella latrina d'una perduta stazione.

E poi voi a sfoggiar lungo la notte

un infallibile repertorio di modi di dire

come pesci sul fondo d'un pozzo di carta

rassegnarsi a morire.

Dietro questo paravento di fumo

i tuoi fianchi di barca

e mi chiedi:

"Va tutto bene?Ne parleremo?"

"Forse, se non si riuscirà più a farne a meno"

Il poeta é un fingitore

finge così completamente

che arriva a fingere ch'é dolore

il dolore che davvero sente*.

I poeti sanno solo mentire

come cani ansanti controvento

rami secchi contro un cielo di Marzo

fan della luna prigioniera d'argento.

Nel cappello del vecchio suonatore

ch'é vestito di carta e di vento

c'é nascosta una pietra blu cobalto

e il rimpianto per un perduto amore.

La ragazza sorride e balla piano

dalle ciglia la guardo danzare

questi passi come niente mi han portato

lungo il ciglio d'un bicchiere ad aspettare.

 

 

                                                                              *Da ‘Il poeta è un fingitore’, di Fernando Pessoa

 

 

 

Paola Ghiringhelli: chitarra classica

Ciccio: contrabbasso

Johannes Bickler: timpano, spazzole, piatti

Ciro Radice: fisarmonica

Pier Prandoni: flauto traverso, flauto di legno

Luca Chiaravalli: pianoforte

Fabio Ilacqua: pianoforte, damigiana

Notte che sembra guerra

che brucia cielo e terra

di cani e guardie ad est.

Compagni il mio cappello

amici il mio coltello

che devo andarmene.

Notte schiaffo di vento

bandito Passolento

bocca di cenere.

 

Eh iandoendai

che devo andarmene.

 

Non so svegliarti Maria

dormi ch'é quasi giorno

e non mi attendere.

Luna non farmi ombre

fra i boschi d'Aspromonte

non farmi prendere.

 

Eh iandoendai

non farmi prendere.

 

Femia Lina: voce (il canto è tratto da Peppi Musolino di Orazio Strano)

Guido Genovesi: chitarra classica, chitarra acustica, seconde voci

Lorenzo Bassignani: basso elettrico

Alberto Crugnola: liuto barocco

Fabio Ilacqua: seconde voci Femia Lina: canto introduzione

 

 

 

L'ultima volta che han visto quest'uomo

fumava sigarette di contrabbando

e a notte nascondeva il grano sul greto del fiume

che la guerra stava arrivando.

C'é chi lo vide bere alla cantina sociale

un coltello nella tasca destra

e sbronzo gridare baldracca alla bella Maria

sporta come un fiore alla finestra.

Ma quanto amava Maria

che nessuno tocchi Maria.

E fu un convoglio di notte

a portarlo lontano dai fichi di Santa Lucia*

per lavorare ai cantieri di sangue e cemento

nella piana di Lombardia.

Spesso la vita diviene soltanto sudore

nella dolce attesa della falce

dentro un'anima di sigarette e di vino

così bianca come la calce.

Ormai ha scordato Maria

ma quanto amava Maria.

Mariabella, Mariabella.

Piano é caduta la notte giù in fondo al portone

a confondere vino e ricordi

il vecchio parla agli amici fantasmi d'un tempo 

che ormai sono sordi.

Racconta d'un sarto che mise la foto sfregiata del duce

allo zampillo della fontana

e la madama a giocare la parte del gatto

col topo nascosto in cantina.

L'ultima volta che ho visto mio nonno

sedeva a un muretto al confine del giorno

dietro le ciglia i suoi occhi sembravano cani

che han perso la via del ritorno.

E ha seppellito le mani in tasca

ride in faccia alla sorte che gli mostra il culo

dopo una vita da niente soltanto la morte 

diventa un bel posto sicuro.

Ma quanto ha amato Maria

che nessuno tocchi Maria.

Mariabella, Mariabella.

                                     

*Santa Lucia del Mela, comune in provincia di Messina.

 

Voce recitante: Maggio Maria Filomena

 

Guido Genovesi: chitarra classica, mandolino

Johannes Wickler: batteria, tamburello

Lorenzo Bassignani: contrabbasso

Marco Milanese: clarinetto

Fabio Ilacqua: melodica

 

 

Case che fan sempre sera

ombre divengono le facce di lì

mi sono fatto ombra pure io

profilo di moneta.

 

Dal viale voci nuvolose

risa stonate come sassi a un cane.

Passa una donna maliziosa.

Cade una foglia.

 

E tacciono le bocche rosse

anch' io ti ho vista passare

dallo sbadiglio di un balcone aperto

fin dove porta il tuo passo.

 

E dentro un'ombra rotolare

come un'arancia giù per il sentiero

d'un parigino, stanco dormiveglia

in rue de la Grand Chaumiére.*

 

E allora ti distesi eterna

sulla mia tela disperata

e dal pennello/ramo delle mie dita

cade una foglia.

 

E poi nel buio scivolare

fasciato dal silenzio nuovo.

Chiudo gli occhi nel tepore.

Guardo le gazze volare.

 

 

*In questa via si trovava il piccolo studio di Amedeo Modigliani

 

 

Guido Genovesi: chitarra classica

Mariachiara Ferraro: violino

Camillo Bellinato: basso acustico fretless

Fabio Ilacqua: melodica, ocarina

 

Capo di Buonafortuna

Testo e musica Fabio Ilacqua

Bestiario

Testo e musica Fabio Ilacqua

Megghiu scrusciu di catini ca sonu di campani*

Testo e musica Fabio Ilacqua

da "Les contrediz de Frang Gontier"

* Poesia di Francois Villon

musica Fabio Ilacqua, Luca Chiaravalli

Guardo le gazze volare

Ballata per Amedeo Modigliani

Testo e musica Fabio Ilacqua

Mariabella

Testo e musica Fabio Ilacqua

Bandito "Passolento"

Testo e musica Fabio Ilacqua

Ballata del dopocena

Testo e musica Fabio Ilacqua

La città giardino

Testo e musica Fabio Ilacqua

Testi e musiche di Fabio Ilacqua

Registrato da Guido Genovesi nello studio casalingo di Limbiate (Mi), fatta eccezione per:

Ballata del dopocena e Le confutazioni di Franc Gontier, registrate da Luca Chiaravalli.

Mariabella registrata da Guido Genovesi e Johannes Bickler (Grooveshack).

Mixato da Stefano Mariani al Noise Factory di Milano.

Foto di copertina ed elaborazione grafica: Roberto Tomei.

FABIO ILACQUA

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